Gli oli minerali, comunemente impiegati nei trasformatori come mezzo isolante, sono derivati del petrolio e rientrano, come classificazione, nella frazione dei “lubrificanti”. Il petrolio è sempre composto da idrocarburi che sono presenti contemporaneamente nelle loro tre forme principali, quali i composti paraffinici, naftenici e aromatici. La presenza percentuale delle diverse famiglie sono però assai variabili e per tale ragione la preponderanza di una famiglia sulle altre è stata presa come base di riferimento principale ai fini della loro classificazione.
Tuttavia, nel grezzo sono anche presenti molecole diverse da quelle sopradette e che includono nella loro struttura uno o più atomi di azoto, ossigeno, zolfo o metalli (“etero-atomi”). Nella Tabella 1 è riportato un elenco di differenti tipi di grezzi [2], del relativo contenuto medio di zolfo e anche, per illustrazione di cosa succeda allo zolfo durante le prime fasi della raffinazione, del contenuto in zolfo rilevato sul residuo di distillazione che si ottiene dopo le fasi della distillazione atmosferica (Topping) e della distillazione sotto vuoto (Vacuum).
Dai dati riportati nella tabella si può notare come, a prescindere dal contenuto originario nel grezzo di partenza, si verifichi sistematicamente un accumulo di zolfo nel prodotto distillato; si tenga presente che questo residuo rappresenta la materia prima per la produzione degli oli base lubrificanti, dai quali si ottengono successivamente gli oli isolanti.
Nei grezzi petroliferi, lo zolfo è presente sia allo stato libero, sia sotto forma di zolfo solforato (H2S), sia di mercaptani. Altri tipi di composti idrogenati dello zolfo (disolfuri e polisolfuri idrocarburici, nonché i tiofeni) non sono praticamente presenti nei grezzi, ma compaiono invece nei distillati a seguito delle operazioni di distillazione e di cracking. Si hanno ormai sufficienti evidenze per affermare che i solfuri idrocarburici, i disolfuri aromatici e i tiofeni esplichino una benefica e fondamentale azione
TABELLA 1 – PRESENZA DI ZOLFO (S % PESO) NEI GREZZI
PETROLIFERI E NEI LORO RESIDUI DI DISTILLAZIONE [2]
Provenienza
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S in %
|
S in %
|
Grezzo Petrolifero |
(Grezzo)
|
(residuo di distillazione)
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AGHA JARI (lran) |
1,4
|
2,5
|
BASRAH (Iraq) |
1,1
|
3,5
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KIRKUK(lraq)
|
2,0
|
n.a.
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KUWAIT (Kuwait) |
2,5
|
4,4
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LAGOMAR (Venezuela)
|
1,4
|
2,3
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LAGUNILLAS (Venezuela)
|
2,2
|
3,5
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QATAR MAR (Qatar) |
1,3
|
3,9
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QATIF (Saudi Arabia) |
2,6
|
4,0
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TIBU (Colombia) |
0,1
|
n.a.
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ZARZAITINE (Algeria)
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0,04
|
0,1
|
antiossidante, essenziale per gli oli isolanti. La raffinazione dei gasoli e dei residui di distillazione, che rappresenta il mezzo per ottenere le basi lubrificanti (da cui saranno prodotti gli oli isolanti), è stata eseguita nel tempo seguendo diverse tecnologie, quali:
– Raffinazione all’acido solforico;
– Raffinazione al solvente;
– Raffinazione all’idrogeno;
Fig. 2- Effetti sulle carte isolanti di un avvolgimento per trasformatori dovuto allo “zolfo corrosivo” e conseguente formazione di solfuro di rame.
– Raffinazione tramite hydrocracking.
Col progredire delle tecnologie di raffinazione, si è passati nel tempo a produrre oli lubrificanti con contenuti di zolfo (totale) pari a 1-2% (raffinazione all’acido) a 0,2-0,8 % (raffinazione al solvente, ove con un leggero successivo trattamento di idrogenazione a medio-bassa pressione si riesce a portare la presenza di zolfo sotto lo 0,1%).
TABELLA 2 – INCREMENTO DELTAN ? E DELLA RESISTIVITÀ
DELLE CARTE ISOLANTI DEGLI AVVOLGIMENTI IN FUNZIONE
DELLA CONTAMINAZIONE DA SOLFURO DI RAME
Stato carta isolante | tan d | Resistività (O .m) |
Senza contaminazione | 0.003 | 5.1012 |
Bassa contaminazione CU2S | 0.005 | 5.1010 |
Alta contaminazione CU2S | > 1 | 5.104 |
La ricerca di migliori rese di produzione ha condotto negli anni 1960-1970 allo sviluppo di tecnologie di raffinazione basate su processi di idrogenazione: sia a bassa pressione per il trattamento di prodotti già raffinati al solvente sia a pressioni più elevate per il trattamento diretto di “tagli” di distillazione.
Mediante tali processi – oggi comunemente impiegati – si riescono a produrre oli isolanti con contenuto in zolfo inferiore allo 0,1% o, anche, minore. La validità di questa tecnologia trova comunque il suo limite nel fatto che una eliminazione così spinta dello zolfo e di suoi particolari composti (quali i tiofeni) riduce grandemente le doti antiossidanti rendendo inadatti tali prodotti per essere utilizzati come oli isolanti.
Per tale ragione, sia nel caso dei raffinati all’idrogeno come pure nel caso dei raffinati al solvente, l’industria petrolifera ha adottato la pratica del back-blending [2], cioè la miscelazione del raffinato con una piccola percentuale di distillato di partenza. Con tale operazione vengono infatti reimmessi nel prodotto già raffinato una certa percentuale di inibitori naturali a base di zolfo. In alternativa, o come integrazione di tale pratica industriale, gli oli finiti possono essere miscelati con piccole percentuali di additivi antiossidanti (normalmente a base fenolica) al fine di conferirgli le necessarie caratteristiche di resistenza all’ossidazione richieste dalla vigente norma IEC 60296.
Come si vede lo zolfo inizialmente presente nel petrolio subisce nei processi di produzione degli oli isolanti una progressiva trasformazione con formazione o additivazione di specie solforate (necessarie a garantire una elevata stabilità all’ossidazione). E’ da ritenere che i processi di raffinazione all’idrogeno utilizzati negli ultimi 20 anni circa abbiano di certo ridotto il contenuto totale di zolfo nelle basi lubrificanti ma abbiano indotto la necessità di utilizzare additivi solforati (per aumentare la stabilità all’ossidazione) degli oli isolanti. I numerosi guasti da “zolfo corrosivo” verificatisi in tale periodo possono far ritenere che tali nuovi composti dello zolfo siano risultati particolarmente aggressivi anche se presenti in piccole quantità.